Domande e risposte sul mondo dell’odontoiatria. Ecco tutto quello che i pazienti ci chiedono maggiormante.
Il metodo principale per curare il bruxismo consiste nel portare un bite, vale a dire una sorta di apparecchio per i denti morbido, fatto di resina, modellato secondo le proprie arcate dentali.
Di solito vi provvede il dentista, che stabilisce anche la durata della terapia. Va conservato facendo molta attenzione all’igiene: dopo ogni uso, al mattino, bisogna pulirlo con gli appositi detergenti antibatterici per evitare problemi a denti o gengive.
Possiamo individuare 9 sintomi fondamentali:
Ci si sveglia al mattino con una forte sensazione di fastidio in bocca. Le mascelle indolenzite, i denti che fanno male. La prima reazione, di solito, è il timore che sia spuntata un’altra carie. E invece, molto spesso, si tratta di qualcos’altro: il bruxismo.
Di che cosa si tratta?Di quel fenomeno per cui, durante la notte, si digrignano i denti, serrando le mandibole e contraendo quindi tutta la muscolatura che presiede alla masticazione. Tutto avviene inconsciamente e quasi sempre nel sonno. Nei casi più seri, accade anche durante il giorno.
Serrare le mandibole, digrignare i denti, causa danni al nostro organismo.Anzitutto, canini e molari si rovinano, si consumano. Se poi il problema diventa patologico, dura a lungo perché trascurato o non identificato a dovere, i denti e le articolazioni temporo-mandibolari si danneggiano. E ne risentono anche i muscoli collegati, sottoposti a un sovraffaticamento pericoloso.
Tutti gli esperti sono concordi nell’individuare come causa del bruxismo lo stress. Uno stato eccessivo di tensione – provocata dai tipici fattori che generano ansia, angoscia o preoccupazioni varie – induce i muscoli della bocca a indurirsi e a tendersi. Ma lo stesso problema può essere causato anche da una malocclusione o comunque un cattivo posizionamento delle arcate dentali. In entrambi i casi, il risultato è identico: digrigniamo i denti.
Gli impianti servono per rimpiazzare uno o più elementi dentali, senza dover ricorrere alla limatura dei denti adiacenti residui, evitandone, così, la mutilazione, altrimenti, indispensabile al fine di ottenere l’ancoraggio per una classica protesi a ponte.
Nel caso di porzioni edentule nelle arcate e in mancanza di elementi dentali pilastro, gli impianti servono, inoltre, come supporto indispensabile per costruire una protesi fissa, al posto di quella che, in mancanza degli impianti e date le premesse condizioni di edentulia, non potrebbe altro che essere una protesi rimovibile.Nel caso di mancanza totale dei denti, le protesi mobili, comunemente dette “dentiere”, attraverso pochi, ma essenziali impianti che le ancorano alle arcate mascellari superiori e/o inferiori, possono essere meno “mobili”, più fisse e quindi, più efficienti e confortevoli.
I pazienti affetti da parodontite devono essere informati dal dentista del maggior rischio di peri-implantite in quanto i batteri che causano la parodontite sono gli stessi che attaccano gli impianti.Una volta inseriti gli impianti bisogna sottoporsi periodicamente a visite di controllo e sedute di igiene orale e mantenere un’igiene domiciliare attenta e scrupolosa.
No, non è doloroso. L’intervento viene eseguito con l’anestesia locale e, in casi specifici, ci si può avvalere della sedazione cosciente. La sedazione cosciente per mezzo del protossido di azoto consente di affrontare l’intervento senza ansia nè dolore.
Lo sviluppo della parodontite dipende da fattori legati al paziente (es. la suscettibilità genetica del paziente) e fattori ambientali (vale a dire fattori esterni, che si possono modificare). Tra questi ultimi, i più noti sono la scarsa igiene orale, fumo, diabete, stress, interventi odontoiatrici sbagliati.
Alitosi, sanguinamento delle gengive, mobilità dei denti, ascesso parodontale, essudazione purulenta, recessione gengivale.
Si! La terapia della parodontite è suddivisa in due fasi: la terapia attiva e la terapia di supporto (o terapia di mantenimento). La terapia attiva (non-chirurgica o eventualmente anche chirurgica) ha l’obiettivo di arrestare la parodontite e controllare tutti i fattori di rischio per la sua progressione. La terapia di supporto ha l’obiettivo di mantenere nel tempo la salute parodontale ristabilita dalla prima fase.
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